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La partenza del crociato - Il prode Anselmo


 

LA PARTENZA DEL CROCIATO


(Il prode Anselmo)
Giovanni Visconti Venosta
(Il feroce Saladino)

Giovanni Visconti Venosta, (Milano 1831-1906), fratello del marchese Emilio (patriota milanese alle Cinque Giornate, collaboratore di Cavour e ministro degli esteri nel 1870) fu scrittore e giornalista, autore, nei suoi Ricordi di gioventù pubblicati nel 1904, di una viva e lucida rappresentazione della società lombarda nella seconda metà dell'ottocento. Egli è rimasto però famoso per la poesia scherzosa La partenza del crociato che qui si pubblica. Fino agli anni cinquanta essa veniva stampata sul retro della copertina di molti quaderni di scuola ed era perciò conosciuta a memoria dalla maggior parte degli studenti italiani.

Giovanni Visconti Venosta era originario della Valtellina e, dopo Giovanni Bertacchi, ne rimane il principale esponente letterario.

Le due quartine fra parentesi quadre sono state aggiunte dall'autore in un secondo tempo.Nel secondo verso alcuni testi riportano nostro invece di prode.


LA PARTENZA DEL CROCIATO

Passa un giorno, passa l'altro
Mai non torna il prode Anselmo,
Perché egli era molto scaltro
Andò in guerra e mise l'elmo...

Mise l'elmo sulla testa
Per non farsi troppo mal
E partì la lancia in resta
A cavallo d'un caval.

La sua bella che abbracciollo
Gli dié un bacio e disse: Va'!
E poneagli ad armacollo
La fiaschetta del mistrà.

Poi, donatogli un anello
Sacro pegno di sua fe',
Gli metteva nel fardello
Fin le pezze per i piè.

Fu alle nove di mattina
Che l'Anselmo uscìa bel, bel,
Per andare in Palestina
A conquidere l'Avel.

Né per vie ferrate andava
Come in oggi col vapor,
A quei tempi si ferrava
Non la via ma il viaggiator.

La cravatta in fer battuto
E in ottone avea il gilé,
Ei viaggiava, è ver, seduto
Ma il cavallo andava a piè.

Da quel dì non fe' che andare,
Andar sempre, andare andar...
Quando a piè d'un casolare
Vide un lago, ed era il mar!

Sospettollo... e impensierito
Saviamente si fermò
Poi chinossi, e con un dito
A buon conto l'assaggiò.

Come fu sul bastimento,
Ben gli venne il mal di mar
Ma l'Anselmo in un momento
Mise fuori il desinar.

[La città di Costantino
nello scorgerlo tremò
brandir volle il bicchierino
ma il Corano lo vietò.

Il Sultano in tal frangente
Mandò il palo ad aguzzar,
Ma l'Anselmo previdente
Fin le brache avea d'acciar.]

Pipe, sciabole, tappeti,
Mezze lune, jatagan,
Odalische, minareti,
Già imballati avea il Sultan.

Quando presso ai Salamini
Sete ria incominciò,
E l'Anselmo coi più fini
Prese l'elmo, e a bere andò.

Ma nell'elmo, il crederete?
C'era in fondo un forellin
E in tre dì morì di sete
Senza accorgersi il tapin.

Passa un giorno, passa l'altro,
Mai non torna il guerrier
Perch'egli era molto scaltro
Andò in guerra col cimier.

Col cimiero sulla testa,
Ma sul fondo non guardò
E così gli avvenne questa
Che mai più non ritornò.

FINE


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